05) Dei livelli interpretativi

L’interpretazione.

È arrivato il momento di stringere le fila.

Possiamo iniziare dalla fine, dall’inizio, dal mezzo. Il significato sarà sempre lo stesso.

Il sorpasso temuto: dato dalla percezione della passività. Paura della penetrazione anale. Da un masochismo auto punitivo si alimenta un sadismo vendicativo verso il simbolo del cugino disabile.

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Desiderio della sopraffazione. Bisogno di delegare. Pensieri compensatori: donne, soldi, libertà, amici. Nella realtà: una donna, castrante verso la quale si sente impotente: la sua ragazza. Ma lo stampo è la madre. Finge quando dice di amarla, come con la zia: spostamento su spostamento. Da qui le sensazioni angosciose date dal desiderio incestuoso. Se la sua ragazza non si lamentasse della scarsa frequenza, qualità e fantasia dell’atto sessuale, starebbe meglio. Ha abbandonato per adesso velleità virili. Se solo lo accettasse nella sua omosessualità. Lui l’ha accettata nella sua dolcezza: sa che ne ha molta e sa che ne ha bisogno. A volte però lei diventa troppo severa nel proibirgli la masturbazione. Pedissequa ripetizione transferale del rapporto materno: diventa sempre più difficile distinguerne i confini. Vuole flirtare con i suoi amici: senza andare in fondo. Lo ricaricherebbe. Intanto lascia passare, si specchia ed a volte si piace: ne ha bisogno. Intanto sfilano da dietro di lui. Ed arriva il “Flash Back”: un ricordo del passato. Ma alla luce “Flash” di quanto detto si illumina il “Back” che in inglese sta ad indicare anche il “dietro” fisico, quello che cerca di difendere guardando lo specchietto da predatori aggressivi in una ambivalente fuga fantasticata che sa anche di perversione voyeuristica. Come le sue uniche scappatelle che si permette sui siti erotici delle rete. Si protegge, si guarda e si ammira contemporaneamente nel back: l’orifizio anale. Incomincia a porre l’attenzione sulla zona della fissazione psicosessuale. Flash per declinazione di significati può significare: luce, illuminare, e quindi guardare, scoprire, capire. Poter capire. Il back che come detto ha il significato del “dietro” sia temporale che spaziale. Ed i pensieri lo disturbano. Quelli del lavoro. Dove si sente passivizzato e si ribella nella realtà. E nel lavoro analitico dove vorrebbe invece che accadesse in una desiderata quanto risolutiva ipnosi. E le immagini sono dei “Flash Back” perturbanti, carichi di una sessualità infantile perversa e manipolatrice: disturbano, ne sta incominciando a prendere coscienza.

Possiamo incominciare a prendere in considerazione l’idea che si sia creata una breccia, una presa di coscienza della base sulla quale si poggiano le manifestazioni patologiche della sua vita e delle quali subisce gli effetti.

P: “Ho dei Flash Back sul mondo del lavoro.”.

Interpretazione: Ho la percezione in analisi di incominciare a far luce su di una perturbante attrazione riguardo i miei vissuti omosessuali dati dall’impossibilità di poter avere mia madre.

Concludo sinteticamente essendomi già dilungato abbondantemente elencando i vissuti portanti attorno ai quali si dipanerà la futura analisi: masochismo anale, narcisismo fallico compensativo, castrazione edipica passivizzante.

Ed è tutto.

Appendice.

E cosa diceva Freud in merito in “Introduzione alla psicoanalisi” riguardo i sogni?

“Ma che i sogni fortemente deformati diano espressione prevalentemente – ripetiamo non esclusivamente – a desideri sessuali potete senz’altro tenerlo a mente come risultato dell’indagine psicoanalitica.”. Mi permetto di fare questa citazione dato poi il collegamento di prassi interpretative che Freud creava tra atti mancati e sogni: legati entrambi al contenuto latente. E non posso che concordare.

L’inconscio ci parla attraverso simboli qualunque forma essi decidano e possano prendere: emozioni, parole, concetti, suoni, immagini. Formano l’alfabeto del nostro interlocutore privilegiato: l’inconscio. Verso il quale abbiamo un solo dovere: cercare la prossima e più intellegibile riduzione di significato. Fino alla fine, ovvero l’inizio. A levare, centripeto.

Ps: Ho il Desiderio di lasciarvi con questo che sembra un monito ma è una indicazione e con la Memoria a chi ancora oggi rappresenta la più alta vetta mai raggiunta, e forse raggiungibile, nella psicoanalisi. Questo è il motivo che mi ha spinto ad usare in alcuni passaggi il plurale nel testo: una licenza poetica dedicata al “Er Professor” che spero mi abbia accompagnato nella formulazione del pensiero senza aver scosso la testa troppe volte.

FINE

04) Dei livelli interpretativi

Devo svelarvi che il terzo antefatto aveva fatto la sua comparsa precedentemente in terapia. Ma essendo una comunicazione prima, e quindi sganciata dal discorso, o se preferite sul discorso, era tornata in tutta la sua interezza a fare capolino. Non era stato possibile interpretarla perché non era stata inserita in nessuna costruzione pari. Adesso potevamo. Quindi era li di nuovo, sufficiente a se stessa. Cosa comunicava quella frase?

1) Ad un livello ci stava dicendo che avrebbe potuto vivere meglio se sua madre lo avesse accolto nella sua disabilità come aveva fatto con il cugino, contingenza reale che aveva determinato di fatto un massivo e definitivo spostamento delle attenzioni. Quale disabilità? Quella sessuale, intesa come fallica. Tradottasi successivamente in passività, ruffianeria, impotenza. Avrebbe rinunciato al suo fallo pur di stare con lei.

2) Ad un altro livello forse ci stava dicendo che se la madre lo avesse accettato così come era, avrebbe potuto vivere bene la sua omosessualità all’interno della casa, intesa come accettazione della sconfitta nel duello edipico e relativa castrazione. Anzi sentiva di averlo fatto dentro di lui questo scambio ma senza esserne ripagato in nessun modo. Da questo trauma creava fantasie di contorno riparative rispetto alla sua sensazione di disorientamento, dei picchi concettuali con i quali puntellava aree importanti della sua vita, dove sentiva la mancanza di sostegno.

3) La velocità.

Il desiderio del sogno ricorrente di stare tra tante donne. Quando poi noi sapevamo che con l’unica che aveva doveva fingere e castrarsi in un soddisfacimento autoerotico: una ripetizione.

4) I soldi. La libertà. E gli amici.

In coda ci confidava che gli sarebbe piaciuto fare una vacanza con i suoi amici e flirtare con loro. Ambivalente. Pensate che il pensiero sia stato poco obbiettivamente riportato? Allora proverò ad essere più aderente:

P: “Vorrei fare una vacanza con i miei amici, adesso ne avrei bisogno, mi darebbe la carica, mi manca il flirt.”. La frase è evidentemente inconsciamente ambivalente: mostra come la sua affettività sia spostata verso la sfera maschile che gli dona tranquillità e carica. Però sotto forma di amicizia. Basta sostituire all’interno della frase “Amici” con “Ragazza” per rendersene conto praticamente. La stessa componente maschile fuoriuscita dai canoni di quotidiana frequentazione diventava minacciosa. Fino a temere la passivizzazione. La riduzione allo stadio masochistico anale. Per questo deve “sempre” guardarsi dietro attraverso lo specchietto retrovisore. Centrale. Potrebbe arrivare qualcuno/qualcosa più veloce di lui e travolgerlo:

P: “Ho sempre avuto un problema con la velocità.”.

Sta parlando della percezione della sua omosessualità latente nella preoccupazione che le cose arrivino da dietro, che compensava mettendo sull’altra faccia della medaglia tante donne. Rimanendo in metafora della triade degli specchietti, che sappiamo poter rappresentare in tale disposizione e numero un simbolo fallico, è da quello centrale che guarda e si guarda. Si guarda perché è nello specchio che vede e sente in realtà questa possibile pressione invadente. In un autoerotismo mosso dal narcisismo naturalmente, ormai dell’eunuco di corte che volontariamente si concesse pur di rimanere al fianco della regina. La libido è investita su sé stesso, ha bisogno di soldi (simbolo libidico) per permettersi le donne: la sua riserva è tutta impegnata. Ma dove c’è impotenza inconscia troveremo aggressività ed impotenza sessuale, come megalomania nel reale. Aggressività che rivolge verso di sé. Dalla quale è meglio guardarsi, per ammirarsi ormai, quanto per poterla evitare, per farla passare…

CONTINUA…

03) Dei livelli interpretativi

Terzo antefatto.

Altra comunicazione prima. Altro materiale. Seduta precedente il lapsus.

Stava parlando diffusamente del suo rapporto travagliato con la madre e con la sua famiglia in generale, confondendo i piani della rimozione e della interpretazione quando ad un tratto:

P: “Il gay se vive bene con la madre vive bene il suo rapporto con il mondo e la sua sessualità.”.

È il momento di aggiungere un’ulteriore caratteristica delle comunicazioni prime: la loro sfrontatezza. Godono della libertà del giullare di corte che nell’aurea del suo ruolo può permettersi di dire tutto ciò che vuole nella pretesa (speranza?) di non essere preso sul serio: fino ad un certo livello. Queste comunicazioni hanno chiari tratti fanciulleschi. Come potete notare le comunicazioni prime condividono alcune caratteristiche delle produzioni oniriche per il semplice fatto che la bottega dove vengono prodotte è la stessa: una produzione è interna potremmo dire, per la casa, e l’altra è per il pubblico.

Ora abbiamo tre momenti dell’analisi che ci aiuteranno a ricompattare la parte del mosaico sulla quale ci siamo concentrati. Comunque è certo che rimarranno numerose lacune ad uno sguardo attento e ravvicinato. Ma già compiendo un passo indietro si potrà discernere quanto questi tre momenti siano comunicanti tra di loro.

Tornando al lavoro interpretativo tenteremo una interpretazione di transfert del qui ed ora per rendere più completa l’indagine e per non lasciare nulla di intentato: in fondo stava facendo riferimento a qualcosa che si trovava dietro di lui (flash back) e che tentava di tenere sotto controllo. Un’ipotesi: aveva paura di confrontarsi, soprattutto con me che sentiva minaccioso là dietro, dalla poltrona dietro il lettino, visto che tra l’altro non poteva controllarmi. Cercava di guardarmi. Avrebbe voluto darmi ragione per averne a sua volta, il lasciar passare, per poi passare. Perfetta scena transferale paterna che per mancanza di spazio non posso avvalorare con del materiale clinico. Non vi rimane che fidarvi. Tutto si ripete. Ma ad un tratto compaiono degli elementi che reclamano attenzione: donne, soldi , velocità, il bisogno di flirtare con gli amici. Frase costruita con ambivalenza. C’è evidentemente dell’altro.

CONTINUA…

02) Dei livelli interpretativi

Secondo antefatto:

Otto sedute ed un mese e mezzo circa prima.

In quel momento stava placidamente descrivendo la sua sensazione di essersi sentito probabilmente superiore nell’aver pensato di avermi pagato la mensilità, quando non l’aveva in effetti fatto…

Ad un tratto fece la sua comparsa una comunicazione prima:

P: “Quando guido la macchina ho sempre guardato molto nello specchietto centrale, per far passare

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chi viene da dietro più veloce… per farlo passare.”,

Io: “Interessante.”.

Il paziente sentì di aver detto più delle parole che aveva pronunciato: tentò di ridimensionare l’accaduto alla cieca.

P: “Il significato più immediato è la paura di confrontarsi. Meglio che gli altri superino. O semplicemente non voler intralciare il percorso a queste persone per non essere intralciato a mia volta. Torna il tema della velocità, mi condiziona. Ho il desiderio del sogno ricorrente di stare in mezzo a tante donne. Per stare bene ci vogliono libertà e soldi: le donne sono una conseguenza dei soldi. Quando le rispondo che anche io la amo sto mentendo, come a mia zia (parlando della sua ragazza). Vorrei fare una vacanza con i miei amici, adesso ne avrei bisogno, mi darebbe la carica.

Mi manca il flirt.”.

In questa trance analitica abbiamo una comunicazione prima ed una sua dipanazione. Presa a sé potremmo anche azzardare un’interpretazione ma solo in presenza di un’altra comunicazione della stessa qualità potremo arrivare ad una riflessione più ponderata.

Ma procediamo per gradi.

Un primo livello interpretativo di tipo relazionale ce lo regala il nostro paziente che, in modo un po’ razionale certo, ci descrive la sua regolazione degli spazi vitali. Poi ci parla della difficoltà del suo rapporto amoroso e chiosa parlando dei suoi amici. Il materiale, sembra poco lavorato, sembrerebbe piatto. Senza ulteriori associazioni intendo. È importante considerare che a differenza del sogno dove le immagini vengono codificate in parole con un depotenziamento della carica libidica, nel parlare il processo è inverso. Le narrazioni possono essere trasformate solo nella loro costruzione di senso perché si caricano libidicamente nella creazione del simbolo sottostante.

Tornando alla comunicazione prima, come abbiamo detto, non è valutabile a sé stante. Aspettando altro materiale possiamo aggiungere un’altra caratteristica a questa categoria comunicativa: l’assenza di vincoli temporali. Si potrebbe supporre dalle loro manifestazioni che siano collegate nell’inconscio e facciano capolino nel tempo delle nostre percezioni con la loro tempistica.

CONTINUA…

01) Dei livelli interpretativi

Dei livelli interpretativi.

Modalità di come i contenuti inconsci vengano veicolati attraverso le comunicazioni consce.

L’obiettivo di questo breve saggio è mostrare come, a partire da un elemento riportato in analisi ad un livello conscio, si possa arrivare a quanto di inconscio veicoli. Le comunicazioni analitiche contengono in genere elementi da considerare come se fossero sempre e comunque dei simboli frutto del lavoro di mascheramento, spostamento etc.. Sono fenomeni conosciuti perché osservati principalmente nell’analisi dei sogni. E basandoci su questo presupposto opereremo.

Che sia un lapsus di parola o una “Comunicazione prima” come nel caso che vi presenterò a breve, importante sarà sempre quanto libidicamente, e quindi semanticamente, i simboli ed i significanti siano legati tra loro. Le caratteristiche comuni, i significati, ci permetteranno di non essere ingannati dagli elementi manifesti: mai, almeno nelle intenzioni. Permetteremo in linea di massima di esserne più o meno intralciati e depistati dalla notevole arguzia della resistenza qualora sia il caso, ma mai perdendo la rotta affidandoci alla nostra stella Polare: la libido.

Primo antefatto.

Entrando nella stanza d’analisi.

Motivazione della richiesta dell’incontro: il paziente aveva dei problemi con la sua ragazza rispetto alle sue pratiche onanistiche. L’obiettivo della terapia desiderato era quello di riuscire a “capirsi per poter così smettere di masturbarmi” dato che la ragazza aveva posto l’interruzione di tali pratiche autoerotiche come condizione basilare per la prosecuzione del rapporto.

In una seduta.

Il paziente stava snocciolando i suoi racconti patinati di un’infanzia prima e di un’adolescenza poi all’insegna di una ”insensibilità” nei confronti di un cugino vittima di una grave malattia disabilitante. Erano mesi che mi parlava di questa presunta aridità interiore, facendo di tutto per farmi vivere il suo racconto, ma riuscendo solo ad interpretare piattamente delle pagine di un libro che non conosceva poi così bene.

Ad un tratto.

P: “Ho dei flash back sul mondo del lavoro. No. I flash back non centrano niente. Sono insignificanti. Non c’ entrano niente con il mio intento. Sono delle immagini in realtà. È come se avessi perso la capacità di concentrarmi a causa del duro lavoro.”.

Eccoli. Dopo alcuni mesi incominciavano ad affacciarsi, anzi più correttamente a spingere, dei vissuti significativi. Erano si delle immagini, ma il lapsus li significava ancor più chiaramente. Erano delle immagini che lo portavano indietro: dei “Flash”, fare luce, su di un “Back” (dietro), il suo passato. In inglese, lingua che il mio paziente conosceva bene, il “Flash Back” è propriamente un ricordo che affiora improvvisamente dal passato attraverso un immagine. Lo distoglievano da quello che lui riteneva fosse importante: il suo raccontare analitico, freddo, preparato, demandato. Proprio poche sedute prima mi aveva confidato di voler intensificare il lavoro, voleva lavorare più duramente, voleva più risultati. Mi propose quella che aveva pensato potesse essere la strategia per raggiungere tale risultato:

P: “Sono disposto anche a farmi ipnotizzare!!!”. Ovvero a non fare niente. Era il suo massimo grado di partecipazione il non remare contro, doveva farsi da parte, non poteva rimanere neanche lì ad ascoltare il silenzio. Le immagini lo avrebbero disturbato. Facevano pressione sui nodi razionali che tenevano insieme la rete di sicurezza che nel tempo, seduta dopo seduta, aveva intessuto, inconsapevole di quanto contemporaneamente li stesse allentando dall’altro capo. Le immagini erano quindi dovute al duro lavoro che gli toglieva concentrazione. Vero. Un particolare però non aveva compreso la sua riflessione: il lavoro non era quello che giornalmente lo impegnava nei suoi uffici. Era il lavoro analitico: locuzione usata in terapia e fatta propria dal suo vocabolario dei

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significati inconsci. Era stato solo spostato. Era l’inizio della scala, il primo gradino, a scendere. Il lavoro analitico gli aveva reso meno fluido l’esercizio di stile che mi regalava durante le sedute. Lunghe digressioni sui perché e sui percome della sua vita, degli altri e del mondo. Se ne andava spesso con un’espressione soddisfatta, come se avesse fatto il suo dovere o come se avesse sentito di aver parlato bene. Sentiva in cuor suo di aver fatto un buon lavoro. “Poco e niente”. Ora invece quei pensieri insignificanti che venivano illuminati da quei “Flash” disturbavano, perché provenienti dal “Back”.

Io: “Dovrebbe comunicarmi i suoi pensieri operando il minor grado di censura possibile. È la regola fondamentale sulla quale abbiamo basato il nostro lavoro.”

P: “Lo faccio, sono migliorato…”.

Io: “Vede… Nel caso del flash back lei ha deciso di scartare dei contenuti arbitrariamente e di screditare la sua stessa espressione. Quelle immagini che lei mi descrive attraversare fugacemente la sua mente, vengono dal suo passato…”.

P: “Ma mi disturbano…”.

Io: “Proprio perché vengono dal profondo la disturbano… (Silenzio) Per oggi va bene così.”.

Il semplice lapsus di parola era stato svelato: i pensieri che gli attraversavano la mente perturbandola durante i suoi racconti erano proprio dei “Flash Back” e non delle immagini senza significato. Rappresentavano dei ricordi del passato mascherati in immagini di lavoro che non avevano niente a che fare apparentemente con il discorso corrente, il quale nonostante questo distacco semantico non riusciva a distogliersene senza perdite. Da qui la comprensione che quelle immagini erano pensieri inconsci deformati non solo da non scartare per scongiurare un gioco di squadra con la resistenza, ma anzi da tenere nella massima considerazione, perché il loro disvelamento rappresentava il secondo gradino della discesa verso l’inconscio.

Questo è tutto aspettando altro materiale, altre associazioni. O meglio, sembrerebbe tutto e probabilmente non lo è. Con un po’ di pazienza se mi seguirete tenterò di dimostrare quanto altro c’era in queste poche parole.

Abbiamo bisogno di altri antefatti, di “Comunicazioni prime” per formulare un interpretazione puntuale. Ma certamente vi starete chiedendo cosa sia una “Comunicazione prima”. La descriverò brevemente.

La “Comunicazione prima” è, per l’appunto, una comunicazione analitica che dalla propria definizione prende due principali connotazioni:

  1. Connotazione temporale. È una frase o una parola o un suono (o un gesto) che non avete mai annotato prima e si staglia dal campo di coerenza analitico come se provenisse da un altro luogo, e così è poi nei fatti considerando che salendo dall’inconscio passa solo a vestirsi di accessori dalla razionalità. Se ripetuta subisce trasformazioni trascurabili se non nulle.

  2. Connotazione numerica. Si fa riferimento ad una qualità mutuabile dal mondo dei numeri razionali ed in particolare dai numeri primi. Con quest’ultimi condividono la non scomponibilità: possono essere divisi solo per se stessi. In psicoanalisi si traduce nella loro iniziale non riconducibilità da altre vie ai loro significati. La loro comprensione passa solo nella loro somma narrativa: si creano “Costruzioni pari”, quindi divisibili, che quando interpretate rappresentano sovente passaggi fondamentali e trasformativi.

Non sarà agevole ma tenterò nel prosieguo del racconto della terapia di esplicitare chiaramente quanto espresso teoricamente.

CONTINUA…

15) Autolesionismo

PROSEGUE…

15)

Effetti collaterali.

Nei comportamenti autolesionistici propriamente detti (tatuarsi, inserire oggetti sotto pelle, bruciarsi) gli effetti collaterali connotati piacevolmente sono ascrivibili a tre ambiti.

Fisiologico.

La produzione di endorfina successiva alla pratica induce nel soggetto una sensazione corporea particolarmente piacevole che lo ricompensa del coraggio investito. Basta considerare che in alcuni casi le zone scelte sono quanto mai particolari. A questo si aggiunge l’oggettiva qualità antidepressiva di tale sostanza endogena.

Sociale.

La possibilità di far parte di un “oggetto contenitore”. L’approvazione gruppale proporzionata all’estremismo della scelta. Quindi leadership, accettazione, inclusione. Da non sottovalutare il piacere indotto dalla volontaria, in quanto ostentata, emarginazione sociale data dalle spiccate differenze comunicative estetiche.

Psichico.

È naturalmente la gratificazione più ambita ed è suddivisa su due piani. Il primo interessa il livello di malessere interiore percepito: grazie all’endorfina, dalle note proprietà antidepressive, diminuisce significativamente fino ad arrivare a derive megalomaniche (es.: la famosa frase “mi sento vivo…”) compensatrici di pulsioni di morte. Il secondo è puramente intrapsichico. Si perde nei meandri delle sfaccettature del masochismo. Il comportamento “attuato” è una punizione auto – inflittasi tesa a depotenziare i sensi di colpi dati da pulsioni aggressive. Queste, altrimenti indirizzate verso oggetti non pensabili (e qui ritorna il sadismo), e perdendosi in un limbo tra il conscio e l’inconscio, manifestano tutta la responsabilità percepita della propria inadeguatezza. È un contenuto psichico difficilmente valutabile quello che c’è dietro a tali pratiche: l’unico dato certo senza un’analisi del particolare è il passaggio coatto all’atto, la presenza di un oggetto persecutorio interno che viene fantasmaticamente proiettato fuori su oggetti ad hoc.

Interessanti sono anche le consuetudini sessuali adottate da tali soggetti sicuramente fuori dalla normalità: oltre ad intervenire, in alcuni casi, sui genitali o altre zone erogene, danno un quadro chiaro della confusione identitaria e di conseguenza sessuale, o viceversa (auto – punizione: sento la presenza di Edipo Re, solita aggiungerei). L’altro viene percepito come oggetto disintegrando ogni possibile relazione degna di questo nome dando il via a sperimentazioni perverse: nella sessualità dovrebbe trovare l’acme relazionale ma invero nella realtà l’annientamento.

Si instaura un circolo vizioso: al dolore fisico si ha una gratificazione fisica più una sociale (es.: compensa il coraggio delle parti anatomiche scelte, li fa accettare dal gruppo) più due psichiche: una data dal diminuito senso di colpa percepito (di pratiche masochistiche si stà parlando) e una dalla diminuzione di percezione della depressione di fondo data dalle qualità chimiche della sostanza entrata in circolo massicciamente. E si continua nel dominio della coazione a ripetere, nella permanenza dello stato dell’essere.

CONTINUA