04) Dei livelli interpretativi

Devo svelarvi che il terzo antefatto aveva fatto la sua comparsa precedentemente in terapia. Ma essendo una comunicazione prima, e quindi sganciata dal discorso, o se preferite sul discorso, era tornata in tutta la sua interezza a fare capolino. Non era stato possibile interpretarla perché non era stata inserita in nessuna costruzione pari. Adesso potevamo. Quindi era li di nuovo, sufficiente a se stessa. Cosa comunicava quella frase?

1) Ad un livello ci stava dicendo che avrebbe potuto vivere meglio se sua madre lo avesse accolto nella sua disabilità come aveva fatto con il cugino, contingenza reale che aveva determinato di fatto un massivo e definitivo spostamento delle attenzioni. Quale disabilità? Quella sessuale, intesa come fallica. Tradottasi successivamente in passività, ruffianeria, impotenza. Avrebbe rinunciato al suo fallo pur di stare con lei.

2) Ad un altro livello forse ci stava dicendo che se la madre lo avesse accettato così come era, avrebbe potuto vivere bene la sua omosessualità all’interno della casa, intesa come accettazione della sconfitta nel duello edipico e relativa castrazione. Anzi sentiva di averlo fatto dentro di lui questo scambio ma senza esserne ripagato in nessun modo. Da questo trauma creava fantasie di contorno riparative rispetto alla sua sensazione di disorientamento, dei picchi concettuali con i quali puntellava aree importanti della sua vita, dove sentiva la mancanza di sostegno.

3) La velocità.

Il desiderio del sogno ricorrente di stare tra tante donne. Quando poi noi sapevamo che con l’unica che aveva doveva fingere e castrarsi in un soddisfacimento autoerotico: una ripetizione.

4) I soldi. La libertà. E gli amici.

In coda ci confidava che gli sarebbe piaciuto fare una vacanza con i suoi amici e flirtare con loro. Ambivalente. Pensate che il pensiero sia stato poco obbiettivamente riportato? Allora proverò ad essere più aderente:

P: “Vorrei fare una vacanza con i miei amici, adesso ne avrei bisogno, mi darebbe la carica, mi manca il flirt.”. La frase è evidentemente inconsciamente ambivalente: mostra come la sua affettività sia spostata verso la sfera maschile che gli dona tranquillità e carica. Però sotto forma di amicizia. Basta sostituire all’interno della frase “Amici” con “Ragazza” per rendersene conto praticamente. La stessa componente maschile fuoriuscita dai canoni di quotidiana frequentazione diventava minacciosa. Fino a temere la passivizzazione. La riduzione allo stadio masochistico anale. Per questo deve “sempre” guardarsi dietro attraverso lo specchietto retrovisore. Centrale. Potrebbe arrivare qualcuno/qualcosa più veloce di lui e travolgerlo:

P: “Ho sempre avuto un problema con la velocità.”.

Sta parlando della percezione della sua omosessualità latente nella preoccupazione che le cose arrivino da dietro, che compensava mettendo sull’altra faccia della medaglia tante donne. Rimanendo in metafora della triade degli specchietti, che sappiamo poter rappresentare in tale disposizione e numero un simbolo fallico, è da quello centrale che guarda e si guarda. Si guarda perché è nello specchio che vede e sente in realtà questa possibile pressione invadente. In un autoerotismo mosso dal narcisismo naturalmente, ormai dell’eunuco di corte che volontariamente si concesse pur di rimanere al fianco della regina. La libido è investita su sé stesso, ha bisogno di soldi (simbolo libidico) per permettersi le donne: la sua riserva è tutta impegnata. Ma dove c’è impotenza inconscia troveremo aggressività ed impotenza sessuale, come megalomania nel reale. Aggressività che rivolge verso di sé. Dalla quale è meglio guardarsi, per ammirarsi ormai, quanto per poterla evitare, per farla passare…

CONTINUA…

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