Che cosa è una Psicoanalisi?
Credo sia oppurtuno approfondire di quale terapia si sta parlando: è la Psicoanalisi, creata da Sigmund Freud a cavallo del 1800/1900 nella sua accezione classica, pulsionale.
Mi addentrerò brevemente nella spiegazione del metodo.
La psicoanalisi nasce come la prima terapia psicologica interessata alla risoluzione del sintomo attraverso la ricerca della consapevolezza dei vissuti percepiti come angosciosi e scatenanti i conflitti insiti in noi. Insieme a questa attitudine la clinica approfondirà, nel corso del suo sviluppo, la componente conoscitiva introspettiva. Fino a diventare un percorso centripeto verso le verità della nostra essenza. Un processo che non metterà in secondo piano il sintomo, ma darà grande importanza alla sua radice inconscia e dunque alla causa, diventandone poi una priorità nel paziente.
La pratica si traduce in una analisi svolta su di un arco di sedute che va dalle 1 alle 5 settimanali. Al crescere del numero delle sedute si avranno maggiori benefici terapeutici. L’introduzione concettuale delle una/due sedute è da leggere come una disponibilità a calarsi nella realtà che spesso non consente maggiore impegno economico e temporale al di là di ogni interpretabile motivazione.
Il ferro del mestiere è il lettino, divano o chaise longue che dir si voglia, dove il paziente si stenderà alla ricerca della regressione e della introspezione più profonda. Questo al fine di poter soddisfare l’unica richiesta che gli verrà posta, ovvero di rispettare la regola fondamentale: le libere associazioni: riportare al terapeuta ogni pensiero che gli attraverserà la mente cercando di limitare la censura che inevitabilmente agirà in lui.
In ultimo, ma non per importanza, spenderei qualche parola sullo strumento terapeutico dell’interpretazione dei sogni: lavoro condiviso dal paziente e dal terapeuta dove il primo metterà il proprio materiale e il secondo le sue interpretazioni. Fondamentali anche qui le associazioni del paziente rispetto alle immagini oniriche, senza le quale il processo sarebbe irrimediabilmente inficiato, limitandosi ad una poco utile interpretazione del terapeuta tendente ad uno sterile esercizio di stile non potendo compenetrare nei simboli.
A grandi linee la terapia ruoterà attorno questi fondamentali capisaldi: la tecnica è evidentemente più complessa ma mi sembra poco funzionale descriverne i pertugi in questa sede. Il paziente si troverà in uno spazio dove potrà portare i suoi vissuti al riparo dalle convenzioni sociali, fuori dalle categorie dello giusto/sbagliato e del normale/anormale al quale è stato abituato. Si troverà in un luogo dove le leggi vigenti saranno solo quelle dettate dalle sue esigenze e dalla sua percezione interna della realtà circostante. Il lavoro sulla consapevolezza lo porterà pian piano in porti sicuri e più conformati alle sue chiglie.
Per quanto riguarda la durata della terapia non è possibile prevederla previa visione del caso specifico: sicuramente il trattamento psicoanalitico si pone all’estremo opposto rispetto alle sedicenti “terapie brevi”. Riguardo le convinzioni più strettamente personali uso prendere come punto focale la persona piuttosto che la sua difficoltà: le somatizzazioni potranno essere simili, ma il percorso personale che le ha provocate è sempre inequivocabilmente unico e come tale va trattato nella sua specificità. Mi baso sulla conoscibilità della persona, al di là della sua psicopatologia, nella mia convinzione che questa sia solo un (ed unico) mezzo per poter essere visti come esseri umani e come tale affrontata.